Die Erwartete. Ferdinand Georg Waldmüller. 1860. Particolare.
Die Erwartete. Ferdinand Georg Waldmüller. 1860. Particolare.

La telefonata

Era uno dei tanti viaggi che facevo con l'amica. Una giornata rarissima in Inghilterra col sole. A un tratto ad uno dei due cellulari che portavo all’epoca con me, ne portavo due, arriva una chiamata da un numero sconosciuto.

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Si tratta del cellulare di mio babbo, il quale non c'era più. Una voce praticamente quasi familiare. La persona che si presenta riconosco essere un caro amico di mio padre che però non avevo visto da anni. Forse l'ultima volta era stato quando ero bambina.

Lui che chiede di parlare con mio padre. Io che, come già successo tante volte i mesi precedenti, dopo la morte di mio padre, ho dovuto spiegare che:

- Si. No, le devo dire una cosa – e senza neanche finire la frase il signore capì. Capì tutto e disse
- Eh! No, no non me lo dica!

È questa la classica frase che sentivo dagli amici e conoscenti di mio padre quando davo la notizia al telefono. Non era certo la prima chiamata che arrivava al cellulare di mio babbo.

Improvvisamente dimentico la mia amica a fianco. Il treno è pieno di passeggeri, stranieri. La telefonata dura un pochino, ricordiamo i bei tempi. Tempi diversi perché il signore conosceva mio padre prima ancora che io nascessi. Sempre piena di sentimenti felici. Perché… Sentimenti piacevoli perché il signore ricordava il mio babbo come una persona allegra. Del resto, come tutti eh! Questo era il classico modo in cui ricordavano mio babbo.

Quando la telefonata finisce, io rimango con i miei pensieri ancora attaccata a quel momento. Mi ricordo poi dell’amica accanto a me e girandomi mi accorgo che… che lei aveva un misto in faccia, fra tristezza, emozione e preoccupazione.

Non riuscivo a capire la preoccupazione visto che non era la prima volta che chiamavano il cellulare di mio padre e poi sapeva benissimo che io stavo superando quel momento difficile.

Allora guardo meglio il suo viso e mi rendo conto che in realtà lei mi rimanda con lo sguardo a una donna seduta di fronte a noi nel treno, un'altra passeggera.

Questa passeggera, essendo straniera, non avevo capito assolutamente quello che dicevo al telefono e mi guardò con un segno di disprezzo, di… quasi di… come se fosse inaudito quello che aveva appena sentito. Allora la guardo, la guardo, la fisso, non capisco che succede. Allora mi rivolge la parola in inglese, mi dice.

- Ma si rende conto che ci sono anche altri passeggeri in questo treno. Lei non è l'unica.

Io in quel momento non realizzo cosa intendeva dire la signora, allora la mia amica mi sussurra

- beh, parlavi a voce alta.  L'hai disturbata.

A me scoppia una risata, specialmente pensando a ciò che avevo detto al telefono. Poi mi rendevo conto che comunque la signora, appunto, non capiva ciò che io vi avevo detto. Allora le racconto molto brevemente di cosa si trattasse, cioè che mio padre non c'era più, che questo signore era un suo caro amico, che mi aveva chiesto dove fosse e io gli avevo risposto ecc. ecc. ecc. Tutto ciò senza darle possibilità di ribattere, così d'impeto come… come faccio a sapere io ma del resto non  solo io.

La signora ascolta e ascolta. La sua espressione è severa, sempre più severa. E come se non le importasse quale fosse il contenuto della telefonata, come se non avesse senso, tanto che io quasi cercassi di giustificare il fatto della voce alta. Tra l'altro non penso di aver parlato a voce alta, assolutamente. Parlavo come del resto parlo sempre. Forse un tono di voce abbastanza fastidioso per alcune persone e alla fine, siccome non sopporto il silenzio aggiungo un'informazione. Dico:

- Signora ma mi scusi, evidentemente possiamo fare una specie di paragone, lei non tollera il tono di voce e comportamento degli italiani, specialmente del Sud, perché viene da un altro paese e possiamo paragonare il mio comportamento con il comportamento degli africani in Italia. La stessa reazione che abbiamo noi quando queste persone hanno una voce molto alta, ha lei nei miei confronti. In realtà si tratta semplicemente di tradizioni, cioè di differenze di cultura, differenze di abitudini dei popoli.

Pensando che questo fosse l'ennesimo commento che avrebbe irritato tantissimo la signora. Sperando quasi sotto sotto che lei sarebbe andata via, avrebbe cambiato quasi vagone. Per continuare a parlare con una tonalità tipica con la mia amica.

La signora invece cambia totalmente espressione, questa volta si rabbonisce. Mi guarda negli occhi e dice:

- Ma lo sa che lei è una bellissima persona? Lei mi ha completamente cambiato la visione delle cose in questo momento?

Io non mi aspettavo assolutamente, pensavo addirittura che fosse uno scherzo all'inizio - sarà sicuramente non presa in giro. Mi starà provocando. - Invece poi dopo questa frase continua a dire:

- Ah, ecco! Io non ho mai visto le cose da questo punto di vista tutti questi anni. Eppure, la cosa è semplice. Tutto è relativo, tutto relativo. Siamo sempre mal prevenuti nei confronti delle persone ma in realtà sono i loro comportamenti che acquisiscono alla nascita nel loro paese d'origine.

E cominciamo una mezza discussione antropologica che dura alcuni minuti. Tra l'altro la tonalità della voce della donna era molto simile alla mia qualche minuto prima al telefono. Questo mi aveva colpito e mi aveva fatto anche un po’ sorridere.

La mia amica si tranquillizza, iniziamo tutti e tre a sorridere. La signora si toglie anche gli occhiali da Sole. Era una signora sui cinquanta, molto bella. Si scopre essere americana. Era una cantante, era lì in Inghilterra per un tour, per dei concerti.

Dopo questa piacevole chiaccherata che ha rilassato gli animi la signora ci invita come ultima cosa al concerto che si sarebbe svolto quella stessa sera. Ma noi però ci stavamo dirigendo in un'altra città, Nottingham, per cui non andammo a questo concerto.

Una volta scese dal treno e salutate, la signora mi ha lasciato anche il numero, che però purtroppo non sono riuscita mai più a contattarla. E io e la mia amica abbiamo sorriso, abbiamo fatto una risata e abbiamo continuato il nostro viaggio.

 

Registrato da Matilde Michi a Vienna, Agosto 2024