La mia venuta in Sardegna è stata una cosa alla fine casuale perché io fuggivo, tra virgolette ma neanche tanto...
fuggivo da una situazione abbastanza brutta a Livorno, che mi si era venuta a creare a causa di anni di tossicodipendenza.
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Me ne sono andato da casa, ho lasciato mia moglie con una bambina piccola. Però purtroppo non ce la facevo più a star lì. Ero ancora molto giovane e quindi volevo proprio rivoluzionare la mia vita ed è capitato che un mercante d'arte mi abbia proposto di venire in Sardegna. Pagava il viaggio lui, pagava vitto, alloggio, tutto lui e io dovevo dipingere. Dipingevo e lui mi vendeva i quadri. Facevamo cinquanta e cinquanta. Lui, tra l’altro, si occupava anche di altre cose, vendeva macchine, vendeva gioielli, era un trafficone, però io non avevo niente da perdere e quindi gli ho detto - sì va bene - e siamo venuti in Sardegna e la prima tappa, incredibilmente, è stata Porto Cervo. Io non sapevo neanche cosa mi sarei trovato davanti… conoscevo, sapevo che era un posto di gente ricca, molto snob, così, però non me ne fregava niente.
Arrivati in Sardegna abbiamo preso una casa, una villa in affitto, un villino, così molto bello in mezzo alla campagna, fra Porto Cervo e Porto Rotondo. Le prime volte tutte le mattine partivamo e andavamo a Buddusò, che è proprio in culo al mondo in Sardegna, un paesino quasi in centro Sardegna, perché lui aveva amicizie e mi mollava lì in mezzo a questo paese, al che io aprivo il cavalletto e facevo i particolari delle case commissionati dai proprietari, che erano quasi tutti cavatori o camionisti, gente arricchita da poco, che aveva costruito case, avevano campagne e tutto.
Addirittura, mi son trovato a dipingere dentro una cava, davvero, mentre facevano brillare le mine per far scendere giù i blocchi di marmo. È stato abbastanza emozionante.
A un certo punto a questo signore ho detto - Ma scusa! Siamo vicini a Porto Cervo a Porto Rotondo. Ma perché tutte le mattine ci dobbiamo fare 120 km - o quello che era - per andare in questo paesino sperduto?
E lui mi aveva detto – E ma non lo so, io non me la sento. Se vogliamo provare - eh dai proviamo!
E così ho iniziato a lavorare a Porto Cervo, nelle stradine. E così facendo mi sono anche divertito perché comunque l'ambiente non era lo stesso di Buddusò! Anche se erano tutti di riccastri, snob, eccetera eccetera, però c'era un sacco di figa! Diciamolo pure! Un sacco di gente che mi invitava a pranzo, a cena, pagavano meglio, era molto più divertente. Solo che a un certo punto mi sono ritrovato che ero sempre senza soldi.
Lavoravo dalla mattina alla sera, sempre senza soldi. Quindi un giorno mi sono rotto le scatole e gli ho detto - guarda io non voglio più lavorare così! Non mi sta più bene. - perché nel frattempo avevo trovato degli arabi che mi avevano commissionato dei lavori della piazza di Porto Cervo. Due o tre vedute. Le volevano come ricordo da mettere nei loro… mi sembra fosse gente di Dubai o roba del genere. Però mi avevano detto che volevamo trattare il solo con me.
Allora la sera quando è arrivato il tipo gli ho detto – Guarda, non voglio più lavorare così! - E lui mi ha detto - Vabbè allora torniamo a Livorno. – Gli ho detto – No, torni a Livorno. Io rimango qui. - Ma come? Sei senza soldi, senza macchina, devi pagarti l'appartamento. - Ma non ti preoccupare!
Infatti se n'è andato e subito dal giorno dopo i vicini che abitavano lì, in zona Monticanaglia per l'esattezza, un posto carino, in campagna, mi avevano regalato una macchina. Quindi già non ero più a piedi. E poi ho cominciato a lavorare, a incassare, e quello che guadagnavo entrava tutto in tasca a me. Non c'erano più le spese di questo tipo con la moglie, i figli, il cagnolino ecc. ecc.
Lì è iniziata una situazione molto molto divertente, molto piacevole, con queste scene così, inviti da gente anche un po’ strana, tipo mi hanno invitato a una villa di uno che lavorava per Berlusconi. Mi ha invitato a pranzo, sono andato, e come accoglienza c'era la moglie tutta nuda che si faceva la doccia in giardino. Tra l'altro un gran pezzo! Dico - Boh… buonasera… mi fa piacere - e quindi in questa situazione così!
Questo addirittura mi voleva far comprare uno studio in una zona in costruzione che ora sarà diventata un villaggio ormai avviato. Però io non avevo molti soldi. Era un affarone. Lui ci teneva, perché comunque mi aveva comprato diversi quadri, mi avevo preso in simpatia. Me l’aveva fatto vedere. Praticamente l'avrei dovuto comprare sulla carta, sul progetto. Era molto vantaggioso ma non ce la facevo, quindi ho lasciato perdere.
L’anno dopo sono tornato, perché sai, d'inverno tornavo in Toscana. Sono tornato e ho trovato uno studio a Porto Rotondo. Quindi non facevo più l'artista di strada ma avevo già uno studio. Era proprio sulla marina. Avevo sfruttato bene questa posizione, avevo fatto un cartello due metri per sei con scritto Max Mazzoli e le barche e gli Yacht che entravano lo vedevano subito. Quindi ero diventato il pittore sconosciuto più famoso di Porto Rotondo. Quasi un ossimoro.
Lì ho cominciato a divertirmi veramente. La mattina mi svegliavo e pensavo: ma è vero? Mi guardavo allo specchio per vedere se mi erano cresciute le orecchie da asino come Pinocchio, perché era il paese dei balocchi.
C’era gente di tutti i tipi. Tonti completi. Ricchi, straricchi, gente che faceva finta di essere ricca e… signori anche! Nel senso di educazione, di modi di fare, con cui mi sono trovato anche bene. Ho venduto quadri un po’ a tutti. Ho conosciuto molti attori, cantanti, calciatori di cui non ho mantenuto nessun numero di telefono e nessun indirizzo. Non ho cercato mai più nessuno. Potevo sfruttarla questa cosa ma non l'ho fatto, e non me ne pento, perché comunque era il momento, era lì in quel momento, non doveva esserci per forza un seguito. È stato molto divertente.
Poi ho conosciuto delle ragazze di Sassari che venivano a Porto Rotondo il fine settimana e le ho conosciute così per caso e ho cominciato a ospitarle e prima una poi due poi tre e venivano il venerdì e se ne andavano il lunedì mattina e ovviamente dormivamo tutti insieme, facendo delle serate molto molto interessanti. Fino al punto che, finita la stagione, mi avevano detto che se volevo rimanere in Sardegna loro mi avrebbero ospitato a Sassari.
E quindi ho detto: “Vabbè! Non ho niente da perdere, cosa ci torno a fare a Livorno?”. Per ritrovarmi nelle solite situazioni di sostanze, alcol, anche se poi lì di alcol ne scorreva a fiumi, però non era più la tossicodipendenza quella brutta, quella che ti rende una persona inavvicinabile.
A un certo punto ho conosciuto una ragazza di qui, molto bella, molto giovane e quindi ci siamo messi insieme. È allora che è stato vero amore. Siamo stati tre o quattro anni insieme, era giovanissima.
Quando sono venuto in Sardegna per rimanerci avevo 37, 38 anni. Quindi non ero neanche giovanissimo però diciamo che c'era dietro le spalle un vissuto molto molto duro, in cui ho sempre continuato a dipingere, tutta la vita, non ho mai fatto altro. Però questa condizione mi ha intralciato tanto perché molta gente non voleva avere a che fare con me. Molta gente che aveva a che fare con me mi trattava per quello che ero: uno che aveva sempre bisogno di soldi ed era disposto a fare qualsiasi cosa. Per cui vendevo i quadri a prezzi più bassi. Ho falsificato quadri di ogni artista perché i miei non interessavano o interessavano poco. Ho falsificato quasi tutti i pittori macchiaioli e anche qualcuno al di fuori della cerchia macchiaiola, dal Fattori agli ultimi macchiaioli e anche gente tipo Guttuso o Salvador Dalì, De Chirico. Ritornare a Livorno per me voleva dire rischiare di ritrovarmi in quella condizione. E quindi sono rimasto e poi piano piano ho cominciato a lavorare più seriamente e a fare quello che a Livorno non mi era mai riuscito fare: mostre a Livorno, mostre a Firenze, mostre a Roma, a Milano insomma un po’ in giro per l'Italia e alla fine ho aperto uno studio a Sassari.
Poi qui a Sassari ci sono stati momenti belli, momenti brutti, anche molto brutti, non è andato tutto in discesa. Però devo dire che adesso sono molto felice della mia vita e non rinnego quello che ho fatto in passato. Anzi probabilmente mi ha arricchito tantissimo sia dal punto di vista umano, per quanto riguarda le sostanze e i brutti incontri tra virgolette, sia per quanto riguarda la pittura perché comunque facendo un po’ di tutto e falsificando anche molti autori la tecnica non può che migliorare. L’ esercizio ti fa raggiungere livelli nella tecnica per me molto soddisfacenti e quindi posso dire di non rimpiangere niente e non c'è niente che non rifarei a parte perdere un po’ troppo tempo in certe situazioni, forse quello sì che me lo eviterei. Però delle esperienze dal momento che le hai fatte anche se sono molto brutte cerchi di positivizzarle, ne fai tesoro.
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Per esempio, a Livorno c’era un grande mercato di pittura commerciale. Pezzi che venivano pagati pochissimo venivano rivenduti a poco da mercanti d’arte che giravano per la Toscana o fuori. Molti venivano in Sardegna. Così una volta con un amico facemmo una specie di sfida perché due di questi mercanti l'indomani mattina sarebbero passati sul presto a comprare i nostri quadri per poi andare a venderli in alcune piazze. E io gli avevo detto - Ma guarda che domattina saranno freschi! – Ma a loro non importava.
Per tenerli staccati l’uno dall'altro mettevamo a ogni angolo un filtro di sigaretta, giusto per non farli attaccare, perché dipingevamo ad olio. Quindi anche usando l’essiccante almeno un paio di giorni erano necessari perché asciugassero.
Mi avevano detto – guarda te li paghiamo… - non mi ricordo a quell'epoca s’erano sette o ottocento lire l’uno. Cioè, una miseria, però più ne facevi più guadagnavi e quindi col mio amico abbiamo iniziato la serata imbottiti di anfetamine perché sennò non ci saremmo mai riusciti. La sfida era di farne cinquanta a testa. Misure medio piccole, non grandissime, trenta per quaranta, paesaggi, marine, queste cose qua. Ovviamente non ce l'abbiamo fatta. Io sono arrivato a quarantacinque il mio amico a trentasette forse trentotto. La mattina quando sono arrivati i mercanti noi eravamo allucinati naturalmente. Hanno contato i quadri, ce li hanno pagati e siamo andati a fare colazione.
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La cosa più strana e più bella che mi è capitata è che ho conosciuto il carcere da dentro perché ovviamente quando sei un tossico ti tocca anche quello. Eh, mi sono fatto, non tantissimo ma penso che in tutto, un annetto di carcere me lo son fatto… affidamento dai preti, queste cose qua.
Poi quando sono venuto in Sardegna che insomma ero tranquillo e tutto, tra l'altro è successo da poco, neanche tanti anni fa, mi sembra nel 2016, esattamente 2016, durante una mia mostra, era una mostra personale che inaugurava il Sardinia Film Festival a Palazzo Ducale; dopo l'inaugurazione c'era la conferenza stampa al primo piano e in conferenza stampa c'era il sindaco, c'erano assessori e c'era anche il garante per i detenuti che ha fatto un bel discorso. Era un tema che a me affascinava molto. Quindi ci siamo fatti una chiacchierata e gli ho chiesto se avessi potuto, come volontario, dare lezioni di pittura in carcere. E lui mi aveva detto – Sì, si può fare. Mandami tutte le informazioni necessarie e io le passo al carcere e loro valuteranno se farti entrare o meno.
Siccome io qualche anno prima avevo fatto il processo di riabilitazione per avere la fedina penale pulita, perché questa cosa a me pesava; ero cambiato molto, ero un'altra persona; quindi il fatto di avere la fedina penale macchiata, sporca, molto sporca, mi dava fastidio.
Ho fatto questo processo di riabilitazione con tanto di giudici, avvocati, eccetera, eccetera; è andato bene e mi hanno riabilitato pieni voti e quindi ero tranquillo nel fare la richiesta e infatti dopo sei mesi mi hanno chiamato dal carcere e mi hanno detto che potevo andare a fare il corso come volontario e l'ho fatto per tre anni e mezzo.
Il primo giorno che sono entrato è stato abbastanza allucinante, da capogiro; perché entrare dentro; e sai che sei comunque libero e che dopo che hai fatto quell'ora e mezzo o due di lezione te ne rivai, per me era una cosa stranissima. Era pazzesco. Tra l'altro il carcere di Bancali aveva la stessa struttura di quello che c'è a Livorno, quello nuovo, delle Sughere.
Quindi entrare lì dentro era come entrare alle Sughere. Stesse sbarre, stessi blindati, stessi corridoi, stesso colore delle pareti. È stato un bella flashata.
E devo dire che si era creato un bel gruppo di ragazzi con cui ho lavorato bene, mi sono anche divertito. Qualcuno simpatico, qualcuno meno, e lì non è che… c'è un po’ di tutto; beh sì, devi stare attento, devi soprattutto non cedere alla richiesta di favori; di portare dentro qualcosa, di portar fuori qualcosa; che può essere una lettera, può essere un barattolo, una boccettina di china, perché c'era gente che faceva tatuaggi.
Nel mio corso c'era un ragazzo sudamericano che era un mostro, era bravissimo, e una volta aveva finito l'inchiostro e mi ha rotto le palle per una settimana. – Non lo posso fare. Rischio che non mi fanno più entrare. – E lui si era costruito questa macchinetta per fare i tatuaggi col motorino di una radiolina e non so come aveva fatto ma aveva usato più pezzi e dopo che l'aveva utilizzata la smontava e nascondeva un pezzettino in un posto, un pezzettino in un altro; perché ovviamente è vietato fare i tatuaggi e tenere una macchinetta per fare tatuaggi.
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Purtroppo, in questi ultimi tre o quattro anni ho avuto un problema che è derivato anche dallo stile di vita che avevo. Mi hanno trovato un tumore al fegato con cirrosi. Sono stato operato mi hanno tolto il 70% di fegato e sembrava che stesse andando tutto bene; fino a pochi mesi fa quando ho cominciato a star male. Ho anticipato la visita di routine che devo fare ogni sei mesi e mi hanno trovato una metastasi che si è diffusa a un polmone, al colon e al retto in uscita; e quindi adesso sono in terapia, sto facendo una immunoterapia che è una versione più moderna della chemio. Insomma, abbastanza pesante, ma sembra che stia andando tutto bene, sono tranquillo. Vivo la vita giorno per giorno. Ho una compagna meravigliosa che amo e che mi aiuta molto, mi sostiene molto; mi segue in tutto e quindi non potrei desiderare di più.
Registrazione di Alessia: 4 marzo 2024, studio di Max Mazzoli a Sassari